Qualche tempo fa ho visto alla mostra del cinema di Venezia il film “Cosmonauta” di Susanna Nicchiarelli, gustoso di situazioni ed atmosfere anni sessanta legate al modo di fare politica di quegli anni: le macchine con l’altoparlante che giravano per il paese “votate e fate votare…”, il dualismo tra America e Russia che si confrontava a colpi di avanzata nello spazio. Idee, simboli che consentivano scelte di campo nette e fiduciose. Personalmente l’ho trovato delizioso ed evocativo, mi ha fatto sentire il profumo un mondo che anch’io ho respirato, e la cui presenza coltivo dentro di me come un bel fiore…
Nell’ingresso della casa delle vacanze che condivido con un mucchio di gente, sopra la grande cassa panca che noi chiamiamo “casciuni” e che mia sorella Cilla ha fatto restaurare da poco, troneggia un grande manifesto che trovammo anni fa nella soffitta della casa paterna, quando dovemmo sbaraccare perché i proprietari non ce la lasciavano più in affitto.
Nella ricerca disperata di tutto quello che poteva racchiudere ed esalare ancora profumo di vita vissuta, rovistammo dappertutto. Era difficile trovare qualcosa di significativo: parti di oggetti informi, irriconoscibili e databili solo al carbonio 14; cianfrusaglie anonime come quando giri per i cassetti e trovi solo viti spaiate e pezzettini di fil di ferro che non si capisce che ci stanno lì a fare. Qualche quadernetto di quelli sottili da quindici lire a righe di terza (dei tempi in cui andavo alle elementari) con appunti di mio padre. A volte erano solo conti indecifrabili, altre volte criptici promemoria, ogni tanto un nome familiare: cose sparse, frammenti minimi ma pur sempre una traccia: era stata proprio la sua mano destra (quella con l’indice e il medio ingialliti dalla nicotina) che, impugnata la bic nera, aveva inciso se così si può dire quelle pagine disordinate ma piene di energia!
Nel mentre che un po’ deluse e un po’ volenterose radunavamo il nostro scarso bottino, acquattato dietro un vecchio baule, arrotolato su se stesso con noncurante infingardaggine, ESSO si nascondeva.
Se mia sorella non avesse inciampato nel piede rotto del baule quasi rompendosi il piede, non ce ne saremmo accorte. Ma nell’urto poderoso delle due masse, il baule ebbe un sussulto e irritato si spostò di dieci centimetri. Fu così che lo trovammo: un poster gigantesco in cui su uno sfondo blu notte si stagliava grigia l’immagine della sfera lunare, brufolosa di cento crateri, con piantato spavaldo e sventolante (ma non erano “bandiere senza vento…”?) un rosso vessillo e in basso la scritta:
IL RAZZO SOVIETICO SULLA LUNA…
UN'ALTRA CONQUISTA DEL MONDO COMUNISTA
VERSO IL PROGRESSO E LA PACE
L’abbiamo fatto incorniciare con una striscia di legno rosso, ricoperto con una lastra di vetro per proteggerlo dalla polvere e dal tempo, per quanto possibile. L’abbiamo appeso sul casciuni, proprio in entrata, ad accogliere gli sguardi incuriositi o sconcertati degli ospiti.
Ogni volta che entrando in casa, accaldata dalla spiaggia o carica di borse della spesa, me lo ritrovo addosso, provo un’emozione di nostalgia per l’ingenuità di quella assurda e anacronistica scritta. Mi riattiva sensori che a loro volta ne svegliano altri, mettendo in moto un meccanismo di ricordi che si tirano dietro ricordi. Parole magiche: Sputnik, Laika (la prima cagnetta nello spazio), I96I (data che si legge uguale anche se capovolta), Gagarin, quel primo cosmonauta russo che mi sembrava quasi un parente (*).
(*)A lui le mie sorelle grandi avevano dedicato una canzoncina sulla musica di Bongo Cha Cha Cha che noi filosovietici cantavamo orgogliosi:
Yu-ri Ga – Ju-ri- Ga-ga-rìn
par-la-ci tu de-llo spa-zio
di-cce-lo con sin-ce-ri-tà
den-tro l’a-stro-na-ve che si fa?
in te-sta è be-llo me-tte-re
il ca-sco di a-stro-na-u-ta…
Faccio un salto per riportare un altro pensiero che ogni tanto mi attraversa la mente, quando penso a mio padre: penso che se c’è un senso nella morte, ancorché prematura, di chi come lui ha impegnato la propria vita per il perseguimento di un ideale, è che ne ha preservato i sogni, la grandezza dell’animo e la fanciullezza dello spirito che forse non avrebbero retto al deteriorarsi dei tempi.
giovedì 25 novembre 2010
Iscriviti a:
Post (Atom)
Post più popolari
-
Cari amici che nonostante la lunga assenza vi ricordate di me: ciao! Eccomi rientrata a casa, ancora stordita e un poco malinconica. La va...
-
Quando ero piccola, molto piccola, avevo un sogno ricorrente: ero al mio paese e, assieme a mio papà, passavo sotto il ponte che porta al ma...
-
Versi che avevo postato all'inizio della mia presenza nel blog e che erano stati letti solo da due persone (che ancora ringrazio) Il te...
-
Da tanto che non frequentavo il blog che avevo dimenticato anche la password. Ne ho creata una nuova e l'ho ridimenticata. Ora l'...
-
L’Alcion non è un granché, mi ha assicurato un leggero intorpidimento fintantoché l’aereo era fermo e durante gli spostamenti...
-
L’amore ferito è una ferita nascosta tra le pieghe delle dita linea amara sottile nei pensieri e non sei meglio di ieri Capisci che sei ...
-
L’ho imparato la scorsa estate da Jole: se metti a bagno le mandorle secche in acqua fredda e le lasci qualche ora in frigo, poi potrai...
-
E' passato tanto tempo dal mio ultimo post, e da parecchio sono più o meno scomparsa anche dai vostri blog ... così, senza una ragio...
-
Serata strana: mi son detta "ora provo a fare un giro dalle parti del blog". E l'ho fatto. Ovvio che avevo dimenticato ancor...
-
In quel periodo (primi anni '30, n.d.b.) fu dato inizio alla coltivazione del gelsomino per fare i profumi. Incaricato di tale impresa e...