martedì 25 febbraio 2014

PAURA DI VOLARE







L’Alcion non è un granché, mi ha assicurato un leggero intorpidimento fintantoché l’aereo era fermo e durante gli spostamenti a terra, quando ancora mi illudevo che avrei potuto addormentarmi. Carlo me l’aveva assicurato raccomandandomi di prendere solo mezza pastiglia, mezz’ora prima del volo. L’ho buttata giù mentre ero in coda per l’imbarco, una pastiglietta blu oblunga che ho spezzato con l’unghia spezzata del pollice. Anche là, poco o nullo l’effetto della cura al Bioscalin che avrebbe dovuto assicurarmi rafforzamento di unghie e capelli. Le unghie mi si sfaldano ancora e di capelli, stamattina, dopo la doccia, me ne son trovati in mano da farci un tupè! Li ho gettati nel water salutandoli con dispiacere  e tirando subito lo sciacquone per non soffrire più.
Tornando al volo, al momento è liscio, senza ballaballa, ma all’arrivo mi pare sia previsto brutto. Capisco abbastanza gli annunci in spagnolo, anche se parlano a macchinetta, ma naturalmente spero che tormentosa abbia in quella lingua un significato meno pregnante che in italiano. Che sia come si dice un falso amico e magari voglia dire al massimo pioggia leggera…
Non ho l’orologio per cui non posso controllare lo scorrere del tempo. Né chiedere al mio vicino, uno spagnolo con tanto di moglie che si legge pacifico uno di quei giornali di bordo noiosissimi che paiono scritti in epoche e mondi paralleli. Forse comunque per darmi un tono ne sfoglierò uno anch’io, nella speranza che pagina dopo pagina mi aiutino a trascorrere qualcun altro dei novanta minuti previsti.
Fuori c’è un bel sole, la vicina ha tirato giù la tendina perché è proprio accecante. Ci contavo stamattina, lungo la tangenziale per l’aeroporto, che eravamo immersi nella nebbia.
Di dormire non se ne parla: nada!
Allora dedico qualche pensiero alle mail che ho trovato ieri e stamattina. Ieri mi ha scritto Diana. Mi ha fatto piacere perché si è detta vogliosa di riprendere il laboratorio di scrittura e che forse verrà anche la sua amica Laura. Poi mi ha risposto Riccardo a cui avevo mandato un messaggio e gli dicevo che il suo libro l’ho letto. Ho cercato di essere onesta senza essere tranchante: gli ho fatto i complimenti per il bel modo di ricordare i propri genitori e per le fotografie che hanno dato una grossa mano a rendere l’atmosfera di quegli anni così diversi pur senza essere molto lontani.
Naturalmente non ho parlato dello stile scolastico, né degli svarioni incontrati qua e là, né della stampa disastrosa piena di refusi, mezze pagine vuote ecc. (un lavoro molto poco professionale che lui avrà profumatamente pagato).

Di questo però mi riprometto, semmai, di parlargliene a voce, mettendolo in guardia per la prossima pubblicazione, se proprio ne dovrà fare ancora (nel qual caso potrò offrirmi come correttore di bozze).
In ogni caso sono soddisfatta dell’esito: pur essendomi sentita onesta con me stessa, Riccardo si è detto onorato del mio giudizio. Missione compiuta. Lunga parentesi: da quando ho visto il film Il favoloso mondo di Amelie ho dato un nome a ciò che prima classificavo genericamente come inclinazione alla gentilezza. Ho capito che ho una missione da compiere, quella di essere il facilitatore dell’altrui autostima. Intendiamoci, non di tutti gli “altrui”. C’è gente che detesto e che potrei schiacciare come pidocchi, ma di coloro che ai miei occhi se lo meritano. O perché vicini al mio sentire o perché – benché lontanissimi – sanno convincermi, per sfighe continue e vicissitudini infelici, che anche per loro sarebbe giusto un po’ di vento in poppa. Ed ecco che qui intervengo con pensieri parole ed opere.
 Mi viene in mente un viaggio fatto tra Calabria e Sicilia qualche anno fa (un gran giramento di pullman, treni locali, soste ripetute, trasbordi  da un mezzo all’altro con bagagli senza ruote) in compagnia di una suora di paese  che si recava in città e mi si era attaccata  come una cozza. Vestita di bianco multistrato sotto un implacabile sole calabro del mese di agosto, baffuta e in modo disarmante posseduta dall’ignoranza.
Le feci compagnia tutta la mattina, chiedendole della sua giornata, dei suoi interessi (zero), dandole un rinforzo positivo per ogni pensiero appena articolato che riuscisse a formulare, comprese ricette di cucina. Naturalmente me ne guardai bene dal comunicarle il mio inveterato ateismo, così come la considerazione poco lusinghiera che ho del clero e di qualsivoglia forma di credo religioso. Quella suorina era troppo al di là. Giunta a destinazione, mi salutò abbracciandomi.
Ma perché invece che una missione non potrebbe essere una professione? E perfino redditizia?  Ecco un'altra idea da perfezionare. Già, perché io sono piena di idee super eccellenti che se solo solo le mettessi in pratica, giuro, potrei diventare ricca e famosa! Qualcuna? Ad esempio l'agenda biennale (non avete notato quante volte, passato l'anno, l'agenda è ancora lì, quasi tutta vuota?) Ho pensato ad un metodo per poterla riusare che per precauzione non vi spiegherò, ispirato al gratta e vinci... O il banchetto mobile incorporato al vestito per l'elargizione di consigli sentimentali... O il filtro nasale contro le allergie da polline... O gli impianti dentro il naso di fiori di gelsomino... Cose di questo genere insomma.
 
Dodici e diciotto: ho sfidato le mie paure/superstizioni che mi fanno tenere spento il cellulare per tutto il volo, anche se mi pare di aver sentito che ciò è indispensabile solo nelle fasi di decollo e atterraggio. Dunque lo riaccendo tenendolo nella borsa, giusto il tempo di vedere l’ora, congratulandomi con me, con l’Alcion, con questo quadernetto regalatomi qualche giorno fa dalla mia amica (ex cara) Roberta e con questa penna acquistata l’altro ieri in cartoleria.

Ci sono andata a fare la fotocopia della carta di identità. Siccome dovevo pagare  solo 30 centesimi e non avevo moneta, presi pure una penna che mi era totalmente inutile essendone piena sia in ufficio che a casa. Ma adesso che scivola morbida sulla pagina me ne compiaccio e ammetto che ne è valsa la pena. Con la sua scorrevolezza facilita la trascrizione dei pensieri e riduce al minimo l’accavallarsi in uscita delle parole.

È un po’ così che lavoriamo nel laboratorio di scrittura: non proprio e non solo flusso di coscienza, ma riconoscendo una qualche vita propria agli strumenti dello scrivere  che, se sono in gamba (come questo quadernetto e la penna speedy), ti possono condurre a gran velocità verso mete impensate, provvedendo loro, con un volta pagina o con una sbavatura dell’inchiostro a farti seguire itinerari imprevisti pieni di svolte, pause, curve, salti e scarti nel tempo e nello spazio.

…Sono indecisa se tentare la carta del bagno: in genere è una manovra che ha il potere di rilassarmi ma ormai suppongo che a breve inizierà l’atterraggio (non oso riaccendere il cellulare!)
La fase che statisticamente dovrebbe essere più a rischio a me piace. La tormentosa ancora non si vede e stiamo gradatamente scendendo. Pregusto il momento in cui si potrà rivedere il paesaggio con le macchinine sempre meno giocattolo e gli uomini sempre meno formiche. Le ciminiere delle fabbriche quasi camini per un caldo fuoco in calda casa dove di sicuro vivono calde famiglie…

In definitiva, a mano a mano che andiamo giù è come se sentissi di aver compiuto il mio dovere, rassicurata falsamente dall’assurdo pensiero che un impatto da cento metri d’altezza sia comunque preferibile ad uno da ottomila.

Boh! Adesso smetto, stiamo andando giù di gran carriera e il cielo è sempre più blu.

Siamo atterrati: Dio! Come adoro gli scossoni del carrello!!!

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