giovedì 28 agosto 2014

IL BANA-NINO



E' passato tanto tempo dal mio ultimo post, e da parecchio sono più o meno scomparsa anche dai vostri blog ... così, senza una ragione precisa, ma per una sensazione di vita in sospeso che mi accompagna da tempo e che mi suggerisce di rinviare tutto  a "dopo". Questo "dopo", mi dico che sia l'appuntamento col prossimo pensionamento che sto aspettando con ansia, e che sto caricando di aspettative che mi auguro non sproporzionate...
Intanto sto acquattata...
Chiedo scusa a quegli amici che in qualche modo possano aver sentito la mia mancanza, ma sappiano che ho pensato sempre a loro benché in silenzio.
Oggi sono rientrata dalle vacanze e mi è venuta voglia di anticipare qualcosa di tutto ciò che da tempo rimando a "dopo" e per prima cosa ho intenzione di riprendere a coltivare il mio blog, come fosse una pianta un po' appassita ma ancora capace di esalare buon profumo...
scusate se è poco!


Mentre mi trovavo a Bova Marina, in Calabria, dove vado ogni anno in estate (e potendo anche altre volte nel corso dell'anno) cosa che per me non significa andare in vacanza ma tornare alle origini, a quelle radici che più passa il tempo più si abbarbicano intorno al mio essere, sono andata con mio nipote Domenico a cercare una vetreria che ci era stata indicata, dovendo riparare il portoncino di casa che una qualche sassata aveva rotto.
Fortunosamente, dopo molti avanti e indietro, abbiamo trovato il posto e ci è andata davvero bene perché siano arrivati quasi all'orario di chiusura dell'ultimo giorno prima delle loro ferie. Con 40 euro (e la maestria di Domenico che ha provveduto alla sostituzione del vetro) abbiamo rimesso a nuovo il portoncino a fronte di un preventivo per un portone nuovo di 1500 euro.
Ma la cosa più bella è che proprio di fronte alla vetreria c'era un bananeto fittissimo, e tanti germogli di banano che spuntavano spontanei là in mezzo. 
Volevo chiedere il permesso di prenderne uno ma non sapevo a chi chiedere, poi feci coraggio e ne estrassi delicatamente due, riuscendo a mantenere intatte le radici, trepidando per la paura di essere scoperta e sgridata. Avvolsi con la mia preziosa sciarpa colore del mare le due creaturine e le portai a casa, poi corsi all'Ammasso a comprare un vaso e il terriccio adeguato, le interrai e le bagnai abbondantemente, pregando che attecchissero.

Nei giorni seguenti curai i bananini con amore, bagnandoli la sera e riparandoli di giorno dalla ferocia dei raggi solari calabri, ma le prime foglie cominciavano a seccarsi e corrucciarsi in tono accusatorio: perché mi ero permessa di strapparli al loro habitat? Chi ero io per decidere il loro trasferimento in via San Leo n. 18?

Continuai comunque a sperare e a bagnarli, dicendo loro parole affettuose affinché mi scusassero. Uno dei due dimostrò da subito la propria intransigenza, corrugando sempre più le foglie e rabbuiandosi tutto, l'altro se ne stava sulle sue senza sbilanciarsi, ma mantenendo il suo bel colore verde chiaro e la posizione eretta.

Le vacanze volgevano al termine ed ero preoccupata, nonostante la promessa di mia sorella di  occuparsi ancora di loro (e delle altre piante che ho sistemato sul marciapiedi davanti a casa: una splendida Yukka da me salvata anni fa da morte certa e la buganvillea che ancora tergiversa) finché due giorni fa, tornando dalla spiaggia, ho trovato che il bananino più socievole aveva allargato la foglia più esterna, che prima teneva fitta fitta e arrotolata su se stessa, facendomi capire che mi aveva perdonato e mi porgeva un gesto di pace.
 












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