martedì 28 dicembre 2010

CenerentoNina

Racconto Auto-Bio-Ironico

Finalmente il suo sogno si avverava: Cenerentola sarebbe andata alla festa.
La matrigna era stata rabbonita con la scusa di una visita ad una povera ragazza orfana, e le due sorellastre avevano accettato di portarsela dietro.
Indossava un abito sfavillante, e lei, si sa, era molto carina. E comunque aveva cercato di fare del suo meglio per dare una mano a Madre Natura...
Evviva! una festa danzante di domenica pomeriggio, organizzata dai compagni di scuola di mia sorella.
La festa era in un paese vicino, dove abitava Maria C., una nostra amica che godeva della stima di mia madre. Era facile ottenere il permesso di andare da lei.
Così ci prepariamo di nascosto, ma con particolare cura: la gonnellina corta (proprio stile Courrège!) che mi aveva cucito Jole e poi, all'ultimo minuto, di nascosto in bagno a truccarci: ombretto, eye-liner, rimmel e piegaciglia. Uno schianto!
- Ciao, noi andiamo
- Non fate tardi...
Il posto della festa era proprio magico: lontano lontano in un castello incantato (ma soprattutto isolato...)
Il luogo del convegno era piuttosto inaccessibile: si doveva uscire dal paese e poi, polvere e scossoni da Parigi-Dakar per almeno due chilometri, dentro per la fiumara (n.d.a.: è il torrente tipico della zona, esagerato d’inverno e asciutto d'estate)
Era una domenica pomeriggio da sogno di mezz’estate
fino ad una vecchia casa disabitata, ripulita per l'occasione.
Finalmente al ballo
Finalmente arriviamo: un po' impolverati ma in forma smagliante.
Cenerentola si guarda in giro un po' intimidita e sperduta. Del resto le sorellastre poco le badano, sono già nella mischia a darsi da fare e lei se ne sta da sola cercando di non crollare.
C'erano tanti ragazzi e ragazze, tutti grandi ed io, forte della minigonna e delle ciglia arcuate, ero decisa a non farmi bloccare dalla timidezza. Certo Jole e Serena erano più disinvolte, perché conoscevano tutti i ragazzi della festa, ma anch'io ero decisa a dire la mia e ad entrare finalmente nel mondo dei grandi.
Un cavaliere le fa un inchino rivolgendole qualche complimento che lei accetta con grazia, poi la invita a ballare ma lei è presa dal panico e rifiuta.
Mi si avvicina Enzo e si mette a parlare con me. Io rispondo a tono e non me la cavo male. Dài, Nina, avanti così, bene, ma attenta a non fare gaffes...
Nell'altra stanza comincia la musica, un mangiadischi e tanti 45 giri: Dino, i Dik Dik, Marisa Sannia, Mal dei Primitivs. Enzo mi chiede di ballare. Presa alla sprovvista dico di no perché mi vergogno. Lui insiste un po' ma purtroppo smette proprio quando avevo deciso di accettare. Se ne va di là.
Subito si pente, perché le fanciulle come lei adorano ballare.
Scema, stupida, cretina. Lo sapevo! Ma che idiota, ma è possibile?! Stavi andando così bene... Ecco, adesso resterai in un angolo mentre gli altri si divertono! Guarda Serena come se ne sta a ridere e scherzare. Fra un po' riderà anche di te. Se ne accorgeranno anche gli altri che sei ancora una mocciosa complessata...
E no! Accidenti! Questa volta devo farcela: ora o mai più (in quel periodo prendevo una decisione definitiva ogni cinque minuti)… Adesso vado di là a cercare Enzo.
Decide di rimediare e di recuperare il cavaliere che intanto non se la fila più.
Fa una figuraccia a causa di un inaspettato calo di audio e decide che il modo migliore per salvarsi la vita è quello di suicidarsi.
Faccio un giretto nell'altra stanza e vedo Enzo che sta ballando allacciato ad una stangona sulle note di Cuore di Rita Pavone. "Mio cuore, tu stai soffrendo, coooosa posso fare per te..." Anche il mio cuore soffriva. Gli vado vicino e, a voce troppo alta dico: DOPO SE VUOI BALLO!!!
Purtroppo hanno sentito tutti e qualcuno commenta ridacchiando: "Però, sveglia la ragazzina!"
Io mi sento colta in fallo, guardo intensamente il pavimento come a volermici ficcare dentro, poi penso di andare a seppellirmi in giardino.
Quando ecco che... ad un certo momento,.Udite… Udite…
Chi si fa avanti per portarla sul suo bianco cavallo, bianca la sella addio morosa bella?
Penso di precipitarmi fuori non appena sarò guarita dalla paralisi che mi inchioda al centro della sala, quando sento una mano sulla spalla e la voce di Angelino M. che dice "Lo fai un ballo con me intanto?"
Mi rigiro perfettamente guarita e convertita a tutte le religioni: Dio esiste!
Sotto le spoglie di un dinoccolato adolescente (occhi chiari, barbetta caprina, pelo arricciato e fluente) il principe azzurro in persona!
Questo Angelino lo conoscevo già, ma non avrei mai osato pensare che anche lui sapesse della mia esistenza.
Studiava a Reggio come me e prendevamo lo stesso treno. Da tempo io lo guardavo: "Non era bello ma accanto a sé..."
Intanto… era grande, intanto… faceva il liceo artistico e soprattutto… si interessava di politica (che per me era il massimo). Una volta era venuto a sedersi nel mio scompartimento con dei suoi amici e a dir la verità mi aveva ignorato. Io avevo continuato a ridacchiare tutto il tempo come una stupida con Rinuccia. Da allora più volte avevo fantasticato di altre occasioni in cui far sfoggio di intelligenza ed emancipazione...
Ed ecco che per Cenerentola inizia il ballo...(e il bello)
Che musica... Che cielo… Che stelle...
Il lento girava, girava...Non è poi così difficile ballare un lento, basta caracollare alternativamente sui piedi seguendo la musica.
Stringe però 'sto Angelino. Come mi devo comportare? Devo respingerlo e fare la faccia offesa, oppure tra grandi si usa così e rischio di fare la figura della cretina?
Meglio far finta di niente... Che buon odore ha Angelino, un aroma di miele con dentro qualcosa di aspro come il bergamotto.
Sembrava proprio una gran bella domenica pomeriggio, una di quelle il cui ricordo basta a farti superare un intero inverno.
Un altro ballo...
Cenerentola balla e si dimentica di tutto. E' presa più che mai da problemi di ingegneria virtuale.
Adesso proprio mi lascio andare languida e dentro la mia testa c'è un'intera impresa di costruzioni che fabbrica castelli in aria.
Ma... che succede? E' già mezzanotte? Accidenti come passa il tempo (ieri era ancora ieri e domani sarà già domani)
Ad un tratto l'atmosfera si fa strana, c'è qualcosa che non gira e non capisco cos'è.
Che? Come? Chi? Chiamano la Principessa? Ma chi? Ma chi è che scoccia, lasciamo stare... Dov'eravamo rimasti?
Purtroppo si ferma anche Angelino e mi indica la porta.
Sulla porta c'è mia sorella Jole che mi fa segno di avvicinarmi. Ha stampata in faccia un'espressione che non capisco, ma che mi apre un buco nello stomaco.
- Che vuoi?
Lei mi prende per un braccio e mi trascina fuori.
Fuori c'è anche Serena.
Fuori c'è anche mio padre "Venite a casa, che vostra madre non si sente bene." Rivolgendosi ad un amico di mia sorella che, allarmato, era venuto fuori: "Niente, niente, passavo di qua e sono venuto a prendere le mie figlie. Mia moglie si sente poco bene."
La festa appena cominciata è già finita.
In macchina, tutt'e tre sedute dietro, mentre mio padre chiacchierava con l'amico che l'aveva accompagnato, ci guardavamo con la morte nel cuore. Sapevamo cosa ci aspettava a casa, cosa voleva dire "Vostra madre non si sente bene..."
E ora, povera Cenerentola, chi ti salverà dalle ire della Strega Cattiva?
Già vedevo la scena: mia madre che ci aspettava sul balcone, gli occhi che lampeggiavano come fari abbaglianti. Mentre noi saliamo le scale. Lei che si precipita alla porta per bloccarci sull'ingresso e farci passare sotto le forche caudine dei suoi rimproveri.
Io, comunque, per parte mia, mi proponevo di entrare per ultima e di mimetizzarmi col mobilio. Dopo tutto non ero la più piccola? La cosa essenziale era rimanere fermi come un pezzo di legno e non tentare di giustificarsi.
Arrivati sotto casa, mio padre ci dice di salire e se ne va in Sezione.
Il palazzo sembra deserto e la regina madre non si vede...
Che strano, il balcone è deserto... Saliamo i diciassette gradini come fossero le scale del patibolo. Nessuno sulla porta. Silenzio. Non c'è nessuno??!
La mamma è di là che lavora all'uncinetto. Io e le mie sorelle ci guardiamo sconcertate: niente si svolge come da copione. Camminiamo in giro per le tre stanze che formano casa nostra come tre fantasmi. Parliamo a voce bassa e molto gentilmente ci rivolgiamo alla Signora. Quando siamo fuori dalla sua vista ci scapicolliamo in smorfie e gesti interrogativi.
Cercavamo di capire come mai andasse tutto liscio, non era normale!
"Forse il papà passava veramente di là..."
In un posto sperduto e isolato? Ma per piacere!
"Forse il papà non ha detto niente alla mamma, sapendo del suo carattere da tragedia greca… per evitare."
Specchio specchio delle mie brame, chi è il miglior padre del reame?
Sembrava un comportamento troppo magnanimo anche per nostro padre, ma era l'unica spiegazione logica. D'altronde era un fatto che mia mamma era un'acqua cheta.
Al secondo giorno, ringalluzzite, sperimentavamo anche qualche piccola scaramuccia, ma senza strafare "Non tocca a me lavare i piatti...." "Io non li lavo se non c'è la saponina..." "Io non ci vado a comprarla..."
Respirando proprio liberamente, il terzo giorno eravamo ormai convinte della bontà paterna.
Specchio specchio delle mie brame, possibile che sia proprio il mio, il miglior padre del reame?
Ah, sì! Il papà è proprio un grand'uomo! Lui sì che è di idee aperte, un uomo proiettato verso il futuro, non per niente è un progressista, un comunista, UN EROE!
E vissero felici e conté...
JOLE-SERENA-NINA QUI!!!!!!
Come un boato un rombo di tuono un urlo belluino, la voce del padrone, cioè di mio padre, ci chiamò a rapporto. Come una freccia al curaro ci colpì l'eco dei nostri nomi infilati uno dietro l'altro in un significativo ordine di età, accompagnati dall'avverbietto "qui" piccolo e corto ma carico di tempesta.
A mano a mano che la paralisi si espandeva per le nostre membra, il nostro idolo si infrangeva e con esso tutti i nostri più recenti propositi di essere belle e buone e di fuggire le occasioni prossime del peccato...amen!


(da Qualcuno ha visto per caso una scarpetta di cristallo?)
Titolo:
come tradire una fiducia mai accordata e meritare
IL GIUSTO CASTIGO
La scena: noi tre a testa bassa (io guardando intensamente il pavimento riuscivo a non ridere), l'augusta genitrice seduta davanti alla finestra, lo sguardo ieratico di divinità offesa perduto verso l’orizzonte, l’ex padre dell'anno nel ruolo di pubblico ministero che si produce in un'appassionata arringa offensiva a scopo pedagogico…
sotto titolo:
doveri filiali ovvero
L'ESEMPIO DA DARE ALLE FUTURE GENERAZIONI
...E' vero o no che mia sorella faceva lo scientifico, e io la quarta ginnasio, e che quindi potevamo essere equiparate a studentesse delle magistrali e quindi a future maestre? E cosa avremmo insegnato allora ai nostri alunni?
e ancora:
quando un uomo ama una donna la deve considerare
UNA SANTA
Specchio specchio delle mie brame... ma che succede orsù? 
Lo spunto per quest'ultima parte del sermone del Santo Padre era stato fornito dal contenuto di certe missive ricevute da mia sorella, nelle quali il suo fidanzatino segreto, oltre a menzionare la festa con dovizia di particolari spazio-temporali, le indirizzava parole rigonfie di adolescenti pulsioni. Ma siccome ai miei tempi la parola adolescenza non si usava ancora tanto (a casa mia zero) noi non eravamo autorizzate neanche a pensarle certe cose, ancorché in forma figurata.
Ma come l’avevano saputo?
Semplice: mia sorella aveva lasciato il suo astuccio, contenente un sì compromettente carteggio, bellamente incustodito, dentro la cartella di scuola.
L'Antenna Parabolica, la Mater Rabdomans, aveva captato le vibrazioni e artigliato la lettera, potendo così esibire, una volta per tutte, le prove di quella perversione che lei già sapeva essere annidata in noi.
Ma quale Strega Cattiva? Ma se lei aveva anche accettato di sottoporci all'esperimento escogitato dal Gran Ciambellano: aveva o no trattenuto per ben tre giorni la giusta collera, per vedere se - spontaneamente - ci pentivamo?
E che, ci eravamo pentite? O non avevamo piuttosto perseverato nel malcostume ozioso contro cui Lei, come un impavido cavaliere contro il drago, era chiamata a combattere ogni giorno?
Anzi… era Lei la vittima! (e dato che per la famiglia faceva molti sacrifici) Lei era una Vittima Sacrificale e non dimentichiamolo… Innocente.
E sì, perché, dopotutto, in quell'astuccio, lei, solo una penna ci era andata a cercare!
Scusate un momento, ma qui non manca il lieto fine?
ah… sì!
e poi se ne andarono via di casa e vissero tutti
FELICI E CONTENTI
e la morale?
FINE!

6 commenti:

  1. Ciao,CenerentoNina.Eppure non ti vedevo tanto sotto questa luce:non c'ero già più in quel periodo,consumavo la "mattonella" sulle note di Rita Pavone,altrove ma più spesso consumavo le sedie vicino a improbabili buffet,negandomi,per la stessa tua iniziale timidezza ad evenduali cavalieri.Bella questa pagina,fra autoironia e storia di costume,fotografia di un'epoca.Un abbraccio e gli auguri per l'anno che verrà e le storie che ci vorrai ancora regalare...attendo il seguito.

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  2. cara Chicchina,
    è vero, all'epoca tu eri già partita e quindi certe affinità o coincidenze le scopriamo solo adesso. Ti voglio ricordare che c'è un'avventura che abbiamo vissuto insieme (e sulla quale ho scritto un altro racconto)che se ti andrà leggerai prossimamente: ti dice niente Bardonecchia?
    A presto, un abbraccio Nina

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  3. Ciao,allora lunedì partiamo con la dieta.......ma quale lunedi?.
    A proposito del prossimo racconto-prima però la -2a parte di cenerentonina,voglio il finale!,a proposito,dicevo,certo che mi ricordo di Bardonecchia -o Ventimiglia?
    Ti invierò qualche foto via email,del dopoavventura.Un abbraccio.

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  4. ciao Chicchina, troverai presto il finale. Purtroppo non sono ancora riuscita ad aprire le foto.
    Era bardonecchia
    baci Nina

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  5. Storie che un tempo vivevamo tutti, che pero il lieto fine era raro
    ciao mi e piaciuta questa ironica cenerentola peccato per il mancato lieto fine
    buon fine settimana
    Tiziano.

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  6. ciao Tiziano e piacere di averti incontrato!

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