
E
mentre me le gusto, trattenendole in bocca il più a lungo possibile, il loro
sapore mi riporta indietro nel tempo. Parecchio indietro. Mi riporta a
Francesco…
A
quella mattina di una vita fa, in
spiaggia, che rompevamo le mandorle fresche con i sassi e ce le mangiavamo… a quella corsa mano nella
mano fino agli scogli, con lui che mi tirava e mi faceva volare… A quella
piccola cavità naturale dopo la rocca bianca che ci nascondeva allo sguardo
degli altri e a quel bacio col sapore di mandorle che si mischiava nelle nostre
bocche.
Mi
pareva che in quell’estate dei diciotto anni fosse finalmente arrivato il mio
momento di vivere! Finito il liceo, mia mamma non avrebbe più saputo
trattenermi e infatti a settembre sarei andata a Milano, da una delle mie
sorelle. Finalmente libera avrei potuto assaggiare il succo vero della vita!Mi sarei iscritta a russo alla Statale e la cosa mi sembrava piuttosto affascinante, ma ancor di più scalpitavo all’idea di me in prima fila nelle battaglie libertarie del movimento studentesco, eroina della civiltà, “alfiere del libero pensiero”!
Ed ecco che arriva a Bova Francesco, ospite di nostri parenti lontani e anch’egli parente lontanissimo, una testa piena di capelli ricci (alla Angela Davis per intenderci e per chi sa chi fosse) e bellissimo. Molto ma molto diverso dai ragazzi che avevo conosciuto fino ad allora, anche di quelli che mi erano sembrati i migliori. Per certi versi strano e sconcertante.
Incredibile, aveva ammaliato anche mia madre che in genere teneva lontano da casa qualsiasi esponente di sesso maschile di un qualche interesse e lo coccolava con i bocconcini più gustosi.
Francesco era di Reggio, ma aveva passato tanti anni in collegio e ora studiava in Germania, ad Heidelberg. Antropologia culturale, materia di cui sentivo parlare per la prima volta ma che mi infiammò subito: avevo solo una pallidissima idea di cosa significasse, né sapevo quale fosse il programma di studio, ma di sicuro era la cosa più interessante del mondo e avrei mollato senza rimpianti il mio russo se solo fosse stato possibile!
Grazie al cielo comunque Francesco trovava che Lingue fosse la scelta migliore, purché non mi fossi fatta distrarre, arrivata a Milano, proprio da ciò che in effetti mi attirava come una calamita, l’attivismo politico.
Lui lo snobbava e mi diceva “mi sa che ti vedremo presto con la giacchetta verde a fare la rivoluzione…”
(Più o meno ci azzeccò, ma sarà stato per qualcosa che non ho mai indossato l’eskimo, che era la divisa di ordinanza del movimento studentesco).
Disinibito come non credevo si potesse essere, ma con l’innocenza negli occhi, non come quei cretini dei miei amici con le loro battutacce a doppio senso. Mi raccontava dei rapporti avuti con ragazze di tutto il mondo, e con donne più grandi di lui. Donne esperte e perfettamente libere con le quali non avrei mai saputo competere. Io rimanevo confusa e inquieta, ma cercavo di non darlo a vedere e mi auguravo che ci fosse un po’ di posto anche per me…